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UNA CONVERSAZIONE SULLA MEDICINA NARRATIVA OLTRECONFINE

A cura di Maria Giulia Marini e Stefania Polvani

SP. Maria Giulia noi ci siamo conosciute almeno una decina di anni fa. Mi hai telefonato tu, avevi appena pubblicato un interessante articolo sul domenicale del Sole 24 Ore, non ci eravamo mai incontrate, ma conoscevamo il lavoro che stavamo portando avanti ognuna in ambito di Medicina Narrativa in luoghi diversi, con metodi forse diversi, ma con uguale motivazione. Oggi lavoriamo insieme in SIMeN, la Società Italiana di Medicina Narrativa e in questi anni la Medicina Narrativa ha avuto un grande sviluppo in Italia, c’è un crescente networking dei progetti e delle persone che ne stanno promuovendo la cultura e la diffusione nella pratica di cura. E tra i nostri progetti c’è la promozione di una società europea. Vuoi ricordarci come è nata l’idea? E perché?

MGM. EUNAMES, la European Narrative Medicine Society nasce da un’idea congiunta con il prof. Antonio Virzì, fondatore nel 2009 della Società Italiana di Medicina Narrativa. Di fatto EUNAMES parte dal substrato del networking internazionale che era già nella missione della SIMEN, allargare il confronto sulle Humanities for Health e sulla Medicina Narrativa oltre l’Italia per portarlo in Europa e nel mondo. Non ha senso il localismo, ma la bellezza su questi temi così sfidanti nel mondo dell’interdisciplinarietà è il continuo confronto con altre scuole, altri approcci, e altre pratiche. Sono convinta che la sanità sia a una svolta: la necessità della narrazione oramai è presente in tutto il mondo, e anche quest’era del COVID-19 lo sta pienamente dimostrando. Se sono fondamentali i posti letto, la comprensione delle terapie corrette, così come è stato fondamentale il lock down, sta venendo fuori la voce preponderante, in tutti i paesi, delle esperienze vissute da professionisti sanitari, pazienti, cittadini, politici. All’inizio credevamo che la narrazione sarebbe “scomparsa” per cedere posto alla tecnologia e poi ci siamo resi conto che l’essere umano, ovunque fosse, chiedesse a voce alta di esserci, di partecipare. È per questo che abbiamo costruito con un network volontario di EUNAMES la Carta dei pilastri per il “benessere” durante il lock down. Nessuno dei paesi si è tirato indietro. Europa, Canada, America, Australia.

SP. Abbiamo sempre sostenuto che la Medicina Narrativa è di tutti, vero? Infatti tu dici e io sono d’accordo, “allargare il confronto e sfidare i localismi”. Il networking internazionale era da tempo nel tuo lavoro e nella missione della SIMeN. Quindi perchè EUNAMES, una Società Europea e non un network internazionale più allargato?

MGM. Nel 2016 sono uscite da parte della WHO-Europe le linee guida del gruppo Cultural contexts for health che riguardavano la ricerca narrativa e nel 2019 un altro documento, sempre da parte della WHO-Europe, che riguardava l’uso di arteterapia e altri linguaggi di cura che rientrano nella sfera delle Humanities per la salute. Collaborando con loro per la revisione delle linee guida della ricerca narrativa e con gli altri paesi Europei il passo più semplice da fare era rivolgersi all’Europa, non quella della Unione Europea, quella geografica a 53 paesi, che comprende anche Israele, la Russia, insomma un’esperienza molto sfidante. Abbiamo ottenuto a febbraio 2020 un encomio dalla WHO Europe, e una raccomandazione, quella di non lasciare soli i professionisti che si occupano di queste discipline che spesso sono persone che lavorano al di fuori di centri, in autonomia. Anche in solitudine. Persone che ci credono, estremamente competenti, ma coinvolte in organizzazioni di Evidence-Based Medicine. Ma al di là dell’Europa questa Società si vuole aprire a tutti quelli che anche in altri continenti vogliono confrontarsi con la pluralità: noi non imponiamo un modello, una prassi di come si fa o si insegna medicina narrativa. Però ci apriamo anche a persone interessate anche in altri continenti. Nessuna imposizione, tanto scambio, tanta accoglienza. Necessaria come non mai questa apertura di confini in un mondo che ha sofferto l’isolamento e ora il distanziamento sociale.

SP. Chi c’è in EUNAMES? Quali sono le esperienze interessanti?

MGM. È una domanda difficile quella mi fai perché sono talmente tante le voci interessanti! Parto dal Portogallo, dall’Università di Porto: Susana Magalhães, filosofa, ha studiato la vulnerabilità e la fragilità, ha organizzato meravigliosi seminari con fotografi dentro l’ospedale, oltre alla didattica classica con medici e infermieri, insomma un luogo di poliedricità. Poi penso a John Launer, Medico e Terapista di Gruppo, uno dei principali fondatori della medicina narrativa ha avuto il grande pregio di esportarla al di là dell’università e applicarla dappertutto, in ogni contesto socio sanitario. Penso a Jonathan Mc Farland che ha messo insieme un network di didattica con la Sechenov University di Mosca dedicato a medici e futuri medici, The doctor as a humanist, penso a Carol-Ann Farkas che, insegnando ai futuri farmacisti, infermieri e dottori, promuove con loro le Humanities, le belle arti e la letteratura. All’università. Non al liceo. Penso a Stephen Legari che a Montreal, assieme al direttore del Museo delle Belle Arti, è riuscito a persuadere la comunità dei medici di base del Quebec a prescrivere su ricettario medico le visite guidate ai pazienti, per valutare lo stato di benessere… ma poi ancora al gruppo di Lisbona diretto da Isabel Fernandez, al Marie Curie a Parigi che vuole analizzare le narrazioni dei pazienti oncologici con la medicina narrativa… tante, tutte meravigliose.

SP. Tutte meravigliose e molto innovative nello scenario della Cura della Persona. Descrivi uno scenario che è molto simile a quello italiano, dove progetti innovativi e talvolta sfidanti proliferano, anche in sinergia. Maria Giulia, quale è il primo progetto di EUNAMES?

MGM. Vogliamo capire chi è che fa humanities for health e medicina narrativa nell’Europa a 53 paesi: li stiamo cercando a uno a uno, attraverso le parole chiave nelle rispettive lingue che riguardano il mondo delle humanities nel campo della salute. Università, centri, studi, piccole realtà. Con loro intendiamo fare una survey non solo per capire che tipo di attività svolgono ma soprattutto per capire le loro storie di professionisti. Come mai si sono avvicinate a queste discipline? Quando e perchè è scoccata la scintilla? Ci sono centinaia di survey su cosa fanno i centri, quale operatività hanno e il loro raggio di azione, ma nessuna fino a oggi nel nostro campo ha mai indagato le ragioni, i valori che hanno spinto le persone ad occuparsi di queste arti/discipline. È un atto di conoscenza reale di chi lavora come noi e non solo una questione di archiviazione dei nomi.  Questo potrebbe alleggerire anche il senso di solitudine che viene portato come primo dato di realtà in molte aule Europee dove ci si forma sulla medicina narrativa; quanti sono i professionisti che abbiamo ascoltato che ci hanno detto, “Stupendo questo mondo, ma poi come faccio ad applicarlo nella mia realtà”? Noi siamo convinti che la narrazione sarà sempre più importante, e la riprova è il pullulare delle molteplici iniziative in corso.

E questa survey serve anche per costruire dei partenariati Europei di valore, tra professionisti interdisciplinari uniti da una passione comune:  fare ricerca per migliorare la qualità delle cure e il benessere stesso dei professionisti. Fare ricerca, non solo fare rete: è il progetto comune che dà motivazione e rende uniti.

SP. Anche in Italia ci sono sinergie così come solitudini. La SIMeN è al servizio come punto di incontro, come diciamo nello Statuto, data la sua vocazione multidisciplinare, è per operatori sanitari e sociali, ricercatori, soggetti singoli che possiedono competenze o intendono formarsi in Medicina Narrativa e/o che si riconoscano negli scopi che la SIMeN si prefigge. In questo momento per offrire concretamente sinergie stiamo lavorando al progetto R-Esistere, non contiamo più i soggetti che hanno aderito. R-Esistere promuove la raccolta di Storie in tempo di COVID-19 per unire le persone ai numeri, la narrazione alla scienza….

MGM. Possiamo subito tradurre il plot narrativo di  R-Esistere, un progetto stupendo, e farlo diventare corale in Europa e negli altri paesi interessati: EUNAMES fa da tramite per la raccolta delle narrazioni. Oggi poi abbiamo la fortuna di avere dei buoni traduttori on line, e quindi possiamo raccogliere le narrazioni in altre lingue: certo la traduzione non sarà mai perfetta, ma almeno coglieremo il senso di quello che sta accadendo con la pandemia nel mondo e i diversi vissuti.

E comunque pandemia o no, l’appuntamento che desideriamo realizzare è nel 2022, nell’Italia del Sud, a Catania, per un congresso intrecciato tra SIMEN e EUNAMES: non all’estero ma nella nostra cornice, e non nelle solite città Roma, Milano che vedono la maggior parte degli eventi ma in una città che ha visto forse il più alto numero di popoli  che si sono susseguiti nel suo territorio. Una città vulcanica, per forza: dietro c’è l’Etna, il vulcano più alto d’Europa.

SP. Grazie Maria Giulia. La vulcanicità di Catania forse si addice anche a tutti coloro che promuovono la medicina narrativa, in Italia e Oltreconfine, non trovi?

MGM. Sì. E non aggiungo altra narrazione…

Invitiamo tutti a restare connessi, partecipando al momento al progetto R-Esistere di SIMeN e preparandoci per EUNAMES e CATANIA 2022.

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L’autore

Stefania Polvani
Giulia Marini

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