Scrittura autobiografica in oncoematologia

Scrittura autobiografica in oncoematologia

A cura di Marina Biasi

Il 22 ottobre ha preso il via il “Laboratorio di medicina narrativa in oncoematologia pediatrica“,  promosso dall’Azienda Ospedaliera di Perugia.  Il corso è rivolto a 37 professionisti della salute (medici, infermieri, psicologi) che operano nel servizio di oncoematologia pediatrica, divisi in due gruppi, prevede 6 incontri, e si concluderà il 22 novembre.
I docenti, il sociologo Paolo Trenta e la psicologa Marina Biasi, propongono un metodo laboratoriale ed esperienziale, con esercitazioni di scrittura autobiografica, close reading, e commento di materiale audiovisivo.
Abbiamo chiesto alla dottoressa Marina Biasi, psicologa esperta in metodologie autobiografiche, qual è il contributo della metodologia della scrittura autobiografica nel Laboratorio di Medicina Narrativa in Oncoematologia Pediatrica
Uno dei capisaldi della Medicina Narrativa è quello dell’assunzione, da parte dei curanti, di una postura riflessiva e auto-riflessiva come habitus professionale e personale.
Una delle pratiche che sostiene il processo di assunzione di questa postura è la scrittura autobiografica; in particolare, faccio riferimento alla metodologia teorizzata e insegnata presso la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari diretta da Duccio Demetrio.
Secondo questa scuola, la pratica della scrittura di sé non ha solo l’obiettivo di scrivere i propri vissuti e memorie, ma ha altresì l’obiettivo di attivare processi trasformativi sia sul piano cognitivo che emozionale. Infatti la redazione di un testo scritto rappresenta una tra le esperienze più ricche a livello della maturazione della consapevolezza di sé, della pensosità, della riflessività.
Come ci ricorda la filosofa Maria Zambrano: “Salvare le parole dalla loro esistenza momentanea e transitoria e condurle versa la riconciliazione con ciò che é durevole é il compito di chi scrive (…) Il particolare si rivela allo scrittore mentre lo scrive, non quando lo pronuncia” (Maria Zambrano, Verso un sapere dell’anima, Raffaello Cortina Editore, 1996, Milano).
La penna aiuta quindi a fare chiarezza, a distanziarsi dagli eventi, a scomporli in frammenti, a ricostruirli in una forma nuova. Essa permette di creare una relazione tra il sé-che-vive e il sé-che-scrive con l’intenzione di aprire uno sguardo di-vergente. Usare la penna e un taccuino significa altresì creare una traccia condivisibile su cui potersi interrogare e conoscersi di nuovo.
Nell’ambito di un laboratorio autobiografico, prima ancora che entrino in gioco i contenuti, è il percorso stesso ad essere formativo, poiché porta la persona a interrogarsi, a trovare dentro di sé e nel confronto con gli altri le proprie traiettorie trasformative e di apprendimento.
Secondo questa metodologia, i partecipanti sono guidati ad assumere la dimensione della ricerca di senso e la postura riflessiva durante tutto il percorso formativo e anche oltre. Il focus sta proprio nel promuovere costantemente domande meta-riflessive e meta-cognitive, premessa di qualsiasi apprendimento: cosa sto imparando da questa esperienza? Cosa mi sorprende? Cosa mi rivela la mia scrittura? Quali nessi posso cogliere tra le mie scritture? E cosa imparo nell’ascoltare le scritture degli altri?
Come si può intuire, non si tratta “soltanto” di scrivere memorie, ma di interrogare la propria scrittura grazie a un dialogo costante e generativo di altre domande; e tutto questo avviene nella dimensione di gruppo che amplifica e sostiene un processo di ricerca non più solo individuale, ma condiviso e co-costruito.
In particolare, nel laboratorio sopracitato inviterò i partecipanti a narrare, con penna e taccuino, alcuni momenti salienti del loro percorso professionale all’interno del reparto di oncoematologia pediatrica e di soffermarsi su alcuni aspetti del loro ruolo di curanti; lavoreremo su alcune parole-chiave, come “cura” e “corpo”. Tutto ciò con l’obiettivo di:
• ri-conoscersi nel proprio ruolo  (ovvero, conoscersi di nuovo)
• esplorare alcuni vissuti professionali
• sperimentare una modalità di relazione innovativa tra colleghe e colleghi
• ri-trovare insieme ciò che sfugge nell’immediatezza e nella complessità delle situazioni
Riferimenti bibliografici:
• Benelli C., Pedretti A. M., La formazione autobiografica in gruppo, 2017, Unicopli, Milano,
• Castiglioni M., La parola che cura, 2016, Edizioni Libreria Cortina, Milano

L’autore

Marina Biasi

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