Viso a viso

È notte. L’alba è lontana.

Non avete ancora deciso come agire, e non decidere è comunque una scelta.

Quindi siete lì, l’uno di fianco all’altro

Distesi viso a viso.

Lui dorme di un sonno profondo e senza pensieri, in fondo è solo il 7 marzo, la pandemia non è ancora tale.

C’è solo nell’aria un odore di incertezza del futuro che tormenta il mondo e che tormenta te.

Ti sei addormentata dandogli le spalle, come se questo potesse bastare, ma nella mente c’è il pensiero fisso di chi teme per l’altro e quel pericolo sei tu

Quindi dopo qualche ora, viso a viso, il tuo cervello si sveglia di soprassalto e percepisce il tuo respiro regolare che entra nella stanza nella direzione del suo viso, e ti penti di non aver scelto di non essere lì.

Ti rigiri dall’altro lato, guardando il muro, sperando che la spalla smetta di farti male e non dica al cervello di cambiare posizione. Ma, come per tutte le cose che non si possono avere, nasce il desiderio irrefrenabile di non poter vivere senza e allora diventa impossibile non ritornare viso a viso e lo osservi di nuovo, mettendoti sul bordo più lontana possibile. Come se poi seevisse.

Sussurri a te stessa che sono paronoie inutili, in fondo il virus non è in ospedale, almeno per ora, i tamponi dei tuoi pazienti stanno per arrivare, ma saranno tutti negativi, e se non lo fossero? Se tu non lo fossi?

Immagini le piccole molecole del tuo respiro che entrando nel suo corpo, che potrebbe essere quello di un normale trentenne, ma non è così, perché i farmaci lo rendono più debole di altri e ogni tuo respiro è un attentato alla sua vita.

Ma i tamponi saranno negativi.

Perché temere sempre il peggio?

Respira, rilassati, dormi.

Domani bisogna decidere.

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