Pronto Soccorso

Ieri arriva questo Instagram…lo osservo e solo dopo mi accorgo dei commenti negativi scritti sotto: #maleducazioneregnasovrana #cheschifo ecc.ecc.

sono rimasto colpito e stupito…è vero, è giusto: non si fa!   Ma la prima forte suggestione che mi è venuta guardando, e che mi ha provocato una stretta al cuore, è quella legata di dove quell’immagine mi ha riportato:  ai ricordi del pavimento della saletta di pronto soccorso dove sono state trattate le persone che arrivano da rianimare.   Guanti, garze, cannule…testimoni di momenti di lucido affanno dove si bada all’essenziale. Il resto dopo.

E mi sembra di rivederle le ausiliarie che, finito tutto, riordinano e scopano via quei resti…anche loro di corsa, meccanicamente, veloci, che c’è qualcun altro che potrebbe arrivare presto e aver bisogno della sala.   E se la rianimazione è andata bene, quei gesti di cura (perché anche quelli lo sono…invisibili al malato, ma fondamentali) sono accompagnati da battute, sorrisi.   Se no da silenzi, da mezze frasi…non ci si abitua mai del tutto.

Oggi quegli stessi gesti sono nell’ovattato delle protezioni, delle mascherine che ti fanno faticare a ogni respiro, del sudore che sotto il camicione potrai lavare via chissà quando, della consapevolezza che, finito li, non ci sarà un posto dove prendere una boccata d’aria, dove, appena fuori dalla porta del ps, fumare una sigaretta e  guardare il cielo cercando di elaborare quello che ti lascia dentro quel momento.

Ecco, quei guanti mollati li, che si vedono nella foto, mi hanno fatto pensare a chi li portava.   Sì, è vero: non si fa!   Ma chissà chi li indossava: un figlio con una madre in ospedale…una madre con un figlio che lavora in rianimazione…un badante affannato che faceva la spesa per un vecchietto che non può lasciare troppo solo…un ragazzo spossato dalle poche ore di sonno e dalle troppe morti sulle spalle.   Guanti caduti a terra non per noncuranza, ma a causa di un peso che hanno fatto diventare quei guanti anche loro pesantissimi.

E ho sentito forte, e con emozione, la compassione.

E ho sentito che di questo ho e avrò bisogno…che questa è una delle eredità di questo che mi lasceranno questo periodo.

Più compassione.

Vai, raccolgo io il tuo guanto lasciato in terra…non ti preoccupare. Tu lo farai quando sei più leggero.   Vai…vai sereno che c’è bisogno di aiutarsi con un sorriso, in questo periodo, non di giudizi.

Vai che siamo tutti come dentro un grande Pronto Soccorso, oggi, ad aspettare di poter di nuovo guardare il cielo.

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