Obesità in età evolutiva e Medicina Narrativa. Una nuova modalità di gestione del peso.

 

 

Il Rapporto sull’obesità WHO Regione Europea del 3 maggio 2022 rileva che in Europa il 59% degli adulti e circa 1 bambino su 3 sono in sovrappeso o con obesità. Sovrappeso e obesità sono tra le principali cause di morte e disabilità. Stime recenti suggeriscono che in Europa l’obesità causi più di 1,2 milioni di decessi all’anno, oltre il 13% della mortalità totale ed aumenti il rischio di sviluppare molte malattie non trasmissibili: malattie cardiovascolari, diabete mellito 2 e malattie respiratorie croniche e di almeno 13 diversi tipi di neoplasie: in Europa oggi oltre 200.000 nuovi casi all’anno. Sovrappeso e obesità sono anche il principale fattore di rischio di disabilità, causando il 7% degli anni totali vissuti con disabilità. Inoltre, le persone in sovrappeso e quelle che vivono con l’obesità sono state fortemente colpite dalle conseguenze della pandemia di COVID-19 e dell’isolamento attuato per gestirla.

Studi recenti hanno dimostrato la vulnerabilità a un peso corporeo non-sano nei bambini fin dai primi anni di vita e che la malattia una volta sviluppatasi tende a cronicizzare e se non curata o curata per brevi periodi a recidivare, peggiorare e a sviluppare complicanze lungo il corso della vita.

L’obesità rappresenta un importante rischio per la salute, ma le sue cause sono molto più complesse della semplice combinazione di alimentazione non sana e inattività fisica. La politica, oltre a proteggerci da un ambiente sempre più obesogenico, dovrebbe pianificare il miglioramento dell’accesso ai servizi sanitari di gestione dell’obesità e del sovrappeso, nell’ambito della copertura sanitaria universale. Per affrontare la crescente epidemia, sono necessari una serie di interventi e opzioni politiche per creare ambienti meno obesogenici e sviluppare sistemi sanitari forti e resilienti, ma dato che, purtroppo, finora i percorsi di prevenzione e di cura realizzati non hanno dimostrato efficacia, i professionisti, che hanno sperimentato il fallimento, non vogliono più impegnarsi nella cura [Ells, debust].

Oggi le conoscenze le conoscenze sull’obesità sono aumentate e permettono di riflettere sulle metodologie di cura già realizzate in passato e cambiarle. Come da più parti auspicato occorre una nuova narrazione di questa malattia [Ralston J 2018], e nuovi strumenti per la sua gestione [Tanas 2020] sia nella prevenzione che nella cura e sarebbe quindi necessaria una formazione adeguata degli operatori sanitari per costruire nuovi progetti e ottenere differenti risultati.

La Medicina Narrativa, che da anni si propone di affiancarsi alle terapie tradizionali per migliorarne l’esito, accogliendo il vissuto e le emozioni di curanti e curati, si è finora focalizzata su alcune patologie, quali tumori e diabete, che godono comunque di trattamenti sanitari con evidenza di efficacia. Per l’obesità in età evolutiva dove non si sono farmaci o interventi chirurgici da attuare, se non in situazioni di gravità e resistenza, ma solo percorsi educativi la medicina narrativa può assumere un ruolo cruciale. Il suo strumento principale, appunto, la narrazione, meglio se scritta, aiuta le persone ad esprimere un problema, a metterlo fuori da sé e rivalutarlo, trovando magari nuove soluzioni.

La nuova narrazione deve partire dalle nuove conoscenze dei determinanti dell’obesità, non solo i comportamenti non salutari delle persone ancora definiti “cattivi” dagli stessi operatori sanitari, ma anche la genetica e l’ambiente nonché l’ignoranza e l’impreparazione, non solo della popolazione generale, ma dei professionisti sanitari. Oggi lo Stigma del peso viene da alcuni gruppi di studiosi ritenuto il più forte determinante dell’obesità e del fallimento delle sue cure. Conoscendone meglio i determinanti i sanitari potrebbero arrivare ad evitare di stigmatizzare i pazienti giudicandoli ed attribuendo loro tutta la colpa del loro peso. In questa atmosfera più serena e collaborativa la visita potrebbe utilizzare gli strumenti ascolto e narrazione per realizzare una vera auto-educazione. Oggi per educazione si intende la crescita personale e non l’offerta di consigli standardizzati, e cosa meglio del narrarsi può far maturare nuove scelte?

La Medicina Narrativa nella cura dei bambini e adolescenti con obesità.

Raccontare / ascoltare la storia delle famiglie e dei ragazzi con obesità aiuta a comprendersi reciprocamente e a trovare nuove strade possibili per migliorare. Le recenti linee guida invitano i curanti ad usare il Colloquio di Motivazione per avvicinarsi ai pazienti con obesità: ascoltarli con rispetto, aspettare che facciano liberamente le loro scelte, aiutandoli a scegliere al meglio, e solo allora fare un piano condiviso di cambiamenti, evitando di colpevolizzarli, spaventarli o farli vergognare per le scelte precedenti o la sua forma breve offerta alle cure primarie delle 5 As []. Sempre più spesso in letteratura, ed anche nel documento WHO Obesity 2022, si leggono o ascoltano le storie di pazienti con obesità severa, spesso esordita nell’infanzia, nelle quali lo stigma sul peso, di cui sono stati vittime, interiorizzato ha impedito loro la costruzione di una sana identità personale e sociale, e come interventi di narrazione individuale o di gruppo possano aiutare i pazienti a costruire nuove storie, ovvero narrazioni riparative, capaci di migliorare la loro vita e tutti noi a riflettere sulle conseguenze negative dello stigma del peso [Ramos Sala 2019].

Purtroppo, valutare i risultati di un percorso di narrazione sulla variazione del peso o del BMI è estremamente riduttivo, oggi sempre più spesso si legge l’invito a cambiare obiettivo nella gestione del peso nell’obesità passando dalla riduzione del peso al benessere psicofisico della persona.

La mia esperienza

Dal 2000, costatato il fallimento dell’approccio tradizionale dietetico al trattamento dell’obesità, ho tentato nuove strategie. Riducendo l’anamnesi alimentare, sempre giudicante e colpevolizzante e perciò di ostacolo alla relazione terapeutica, ed eliminando la prescrizione dietetica, troppo spesso inefficace soprattutto nei lunghi tempi, abbiamo inserito la richiesta al paziente e ai suoi genitori di narrare la storia della loro domanda di aiuto (“Chi ha deciso questa visita? perché?”), della loro malattia e dei loro precedenti tentativi di arginarla, autonomi o assistiti da operatori sanitari (“Da quando vi siete accorti del problema? cosa avete fatto finora? Chi vi ha aiutato? Cosa vi è stato di ostacolo? Com’è andata?”), cercando di costruire con loro un progetto di cambiamento degli stili di vita, in campo alimentare, motorio e relazionale, graduale e sostenibile nella loro realtà quotidiana. I risultati sono stati buoni anche sul BMI zscore, strumento tradizionale di valutazione [Tanas 2007].

Dal 2008 abbiamo strutturato corsi di formazione professionale su questa nuova modalità di cura, riscontrando moltissime adesioni e interesse da parte dei colleghi più illuminati, ma anche molte resistenze al cambiamento. L’esito delle cure realizzato da un gruppetto di pediatri di famiglia di Napoli formati, 3 anni dopo l’avvio, e da un servizio di II° livello a Ragusa, 2 anni dopo, su peso, drop-out e indici di rischio cardio-metabolico è stato ottimo [Limauro 2013, Purromuto 2019].

Proposta di studio

Oggi un gruppo di professionisti del Colorado [2022 Rhee Guided Self- Help] propone un percorso abbreviato di terapia familiare per bambini di 8-10 anni, che potrebbe essere realizzato nelle cure primarie con il pediatra ed un dietista che potremmo far diventare un progetto di ricerca del GIF o della SIMEN

Esso prevede un programma di 6 mesi con un incontro con il pediatra ed il dietista insieme di 1 ora e poi 12 incontri di 20 minuti, 6 con il pediatra e 6 con il dietista, i primi 4 a cadenza settimanale i successivi bisettimanale, per discutere i temi di un manuale di autoaiuto guidato su alimentazione, attività motoria e comportamenti, quali sonno derisione, socialità, consegnato alla coppia bambino /genitore all’inizio del programma. Il genitore invitato è quello che si occupa della gestione alimentare della famiglia. L’incontro dovrebbe partire da una narrazione scritta, letta dal genitore o dal bambino, su un argomento correlato, concordato insieme. Il programma si chiude con una visita conclusiva.

Conclusioni

Certamente occorre formazione dedicata per prendere consapevolezza dello stigma che ci accomuna, e sviluppare un nuovo modello di cura senza colpa e giudizio, centrato sulla famiglia e, infine, per sostenere la loro motivazione e fare educazione empowering. Sviluppando un paradigma medico-famiglia-paziente basato sull’empatia la narrazione e la collaborazione, i pediatri eventualmente sostenuti da nutrizionisti, psicologi e pedagogisti, possono aiutare le famiglie a sperimentare uno stile di vita più sano, fattibile per loro, nonostante gli ostacoli determinati dall’ambiente, al fine di ottenere maggiore benessere, indipendentemente dal peso. Solo un’adeguata formazione universitaria e post-universitaria potrà rendere i professionisti della salute più capaci e più fiduciosi.

Il colloquio con il paziente, infine, può cambiare profondamente la storia delle persone e in particolare dei bambini e degli adolescenti, che per loro fragilità sono più esposti all’interiorizzazione dello stigma. Può permettere loro di recuperare un percorso scolastico vincente, evitare l’isolamento e quindi realizzarsi appieno sul piano personale: affettivo, economico e sociale migliorando stile di vita, salute psicologica e qualità di vita.

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