Testimonianze Covid 2020

– Febbraio 2020

Da febbraio, come medico psicoterapeuta, ho offerto la possibilità di sostegno-supporto-conforto, ovviamente a titolo completamente gratuito, via mail o telefono, al personale impegnato a qualsiasi titolo, in questa emergenza Coronavirus.

Riporto alcune esperienze o testimonianze che mi hanno fatto tanto riflettere: 

– Marzo 2020

  • In una parrocchia: un bambino non dà la mano al compagno che siede accanto  a lui e gli spiega: “Sai, la mia sorellina più grande mi fa sempre giocare, ma ora ha la leucemia. Io voglio giocare con lei, quindi preferisco essere prudente!…”.
  • In una casa di riposo, la suora che “fa” l‘infermiera per le sue consorelle guarda un video ed esclama: “Dovevo arrivare a 75 anni per sapere come si lavano le mani!”.
  • Nel corso di un’omelia:  “Nessun cristiano avrebbe dovuto lasciare le zone a rischio mettendo in pericolo i propri familiari e/o i propri amici!”.
  • Uno studente di Bioetica non cristiano: “Per un cristiano proteggere i fratelli, come li chiamate voi, non dovrebbe essere un dovere di carità più che un dovere civico? O non ho capito io?!”.
  • Un cresimando alla catechista: “Esporsi inutilmente a un rischio e aspettarsi o pretendere che Dio ci protegga non sarebbe “tentare la Provvidenza?”.
  • Una suora non italiana: “Noi diciamo che Dio rispetta la nostra libertà per cui se noi non facciamo tutto quello che ci spetta, Dio non interviene e attende pazientemente… Voi siete sicuri di aver fatto proprio tutto?”.
  • Un sacerdote, al ritorno da una zona a rischio, purtroppo si è lasciato sfuggire: “Se farò morire qualcuno dei nostri vecchietti o dei nostri malati, vuol dire che andranno prima da nostro Signore!”. Un suo confratello, sbalordito, ha risposto: “Dai, non dire queste cose nemmeno per scherzo”, ma un infermiere  laico che aveva sentito lo rassicura:  “Tanto non lo saprà mai, se ha ammazzato qualcuno!”.
  • Un sacerdote che insegna Religione ai suoi studenti: “Vedete, Gesù ha toccato il lebbroso e lo ha guarito. Ma il lebbroso, consapevole della sua malattia, non ha toccato Gesù. Noi quando facciamo i missionari diventiamo un po’ come Gesù: aiutiamo gli altri anche a rischio di prendere noi stessi la loro malattia. In questo momento però dobbiamo considerarci tutti “lebbrosi” e non avvicinare gli altri non perché loro ci trasmettono la loro malattia, ma perché  noi possiamo trasmettere a loro una malattia che potremmo avere”.
  • Un medico cattolico romano: “Pregate affinché non ci troviamo a dover scegliere chi salvare, perché non ci sarà posto per tutti! Cercate di evitare di ammalarvi, dunque, in modo che noi possiamo continuare a vivere senza chiederci se Gesù avrebbe fatto le nostre stesse scelte…”.
  • Un medico favorevole all’eutanasia: “In televisione, per tranquillizzarci, sottolineano sempre che il Coronavirus uccide solo i vecchi e i malati. Non capisco allora perché ancora non è passata la legge sull’eutanasia: non si sarebbero risparmiati tanti soldi e non si sarebbe creato meno allarme?!”.
  • La badessa di un monastero: “Da noi vengono diverse persone, quasi tutte anziane, la domenica per la Messa; una giovane coppia mi ha detto: Madre, che ne pensa se noi per un po’ non veniamo più qui? La cappella non è grande; noi potremmo andare in una chiesa più lontana a piedi e lasciare più spazio ai vecchietti; sa’ i nostri genitori hanno la loro età… Ovviamente ho risposto che ero perfettamente d’accordo”.
  • Una infermiera innamorata del suo lavoro attualmente in servizio nella zona rossa: “Non avrei mai pensato di vedere tanti infermieri, medici, tecnici e operatori sanitari lavorare con così tanto impegno e abnegazione; sono ormai tanti giorni che non vediamo i nostri figli e preghiamo tutti i giorni di riuscire a rivederli”.
  • Un medico anziano: “Ho dato la mia disponibilità a lavorare sul campo nella zona rossa, ma mi hanno detto che ormai per età sono a rischio e non vale la pena di rischiare di allungare la lista dei malati. Allora ho chiesto di poter fare consulenze telefoniche: hanno accolto la mia richiesta.  Mi segnalano i nominativi e io passo diverse ore al giorno a chiacchierare con le persone, facendole sentire meno sole. Sto facendo un’esperienza bellissima!”.
  • Un giovane che studia a Roma ma i cui genitori vivono in una zona rossa: “Appena ho capito quello che stava accadendo, ho detto ai miei che sarei tornato immediatamente a casa! Ma i miei genitori mi hanno detto: “Non tornare! Non finiremo mai di ringraziare Dio per averti mandato a studiare a Roma! Dio ha già ripagato il nostro sacrificio! Non lo meritavamo! Prega per te e per noi e ringrazia Dio: non disprezzare il Suo favore!”.
  • Una persona che è si è allontanata da una zona a rischio: “Io sto meglio ma non ho più coraggio di guardarmi allo specchio: non avrei mai pensato di essere capace di mettere a repentaglio la vita dei miei familiari e dei miei amici; eppure l’ho fatto!”.
  • Una Missionaria africana: “Certo, la Chiesa come Madre, deve essere maternamente prudente prima e al di là delle norme civili che possono essere dettate, per proteggere tutti i suoi figli, soprattutto quelli più deboli o fragili. Da noi sono tanti!”.
  • Una suora che gestisce una casa famiglia: “Non mandare i bambini a scuola significa tenerli tutti in casa: sto inventando tanti giochi per loro e sto insegnando loro tante piccole “faccende”, chiedendo a loro stessi di darsi l’un l’altro un voto o, quando è possibile, chiedendo  a ciascuno di  insegnare agli altri una cosa che sa fare giocando a maestri e alunni. La sera hanno poi votato il maestro e l’alunno più bravo della giornata”.
  • Il figlio di una signora deceduta per coronavirus: “Mamma, sono anni che non usciva di casa; qualcuno dei volontari o delle infermiere deve averle passato il virus. Quante volte mi ha detto che non avrebbe voluto nessuno in casa e io l’ho sempre rassicurata dicendole che poteva fidarsi…”.
  • Il papà di un bambino che necessita spesso di trasfusioni: “Ora che quasi mezza Italia non può donare sangue, sarà ancora più difficile reperirlo e mio figlio potrebbe non sopravvivere…”.
  • Un paziente in attesa di trapianto: “Dottoressa, la saluto. Credo che non ci vedremo più. Qui hanno sospeso i trapianti e, lo capisco, è ovvio; ma io non credo che potrò aspettare quando tutto sarà finito…”.
  • Un giovane sacerdote: “Mio papà mi ha detto: Mai come ora il tuo “Dio-vicino” ci chiede di rimanere “uniti a distanza”, come dicono in televisione”.
  • Un coppia di turisti di ritorno da una zona a rischio: “Siamo rientrati di sera e pensavamo di riposare per ritornare noi al lavoro e i ragazzi scuola l’indomani.  Abbiamo però passato la notte svegli chiedendoci se non fosse invece il caso di telefonare per chiedere quale fosse il comportamento più corretto da tenere. Ci sentivamo un po’ a disagio e stavamo decidendo di lasciar correre e far finta di nulla quando nostro figlio, di 13 anni, ci ha detto: Ok domani vado a scuola ma in Chiesa non ci vado! Il nonno del mio migliore amico del gruppo Cresima è stato appena operato di tumore, se si dovesse ammalare come potrei spiegare al mio amico che potrei essere stato io a farlo ammalare? Noi ci siamo vergognati e abbiamo immediatamente telefonato alla ASL: ci hanno consigliato l’autoisolamento! I colleghi, i compagni di scuola, gli insegnanti, i condomini, i ragazzi del gruppo Cresima e, soprattutto il migliore amico del gruppo Cresima di nostro figlio e il nonno ci hanno telefonato per ringraziarci. Anzi il nonno, ci ha detto che verrà a trovarci! Abbiamo ringraziato il Signore; per fortuna parla ai piccoli!”.

– Aprile 2020

  • Un’infermiera: telefono da una città non molto grande in piena emergenza. Dopo giorni di lavoro sono tornata a casa. Pensavo che i vicini avessero capito che noi stiamo lavorando tanto e tanta gente sta comunque morendo perché non tutti hanno fatto il proprio dovere cercando di evitare contagi; invece mi hanno rimproverato perché ci pagano per salvare le persone e invece… le persone muoiono.
  • Un operatore sanitario: ho provato a spiegare a tutti i miei familiari che usare le mascherine e stare lontani anche in casa (soprattutto se ci sono malati o anziani) è attualmente il metodo più valido per bloccare questa epidemia… ma sembra che non ci credono.
  • Un poliziotto: sono sulla strada per controllare coloro che disobbediscono alle norme di sicurezza. Amo il mio lavoro e lo risceglierei. Sinora mi è capitato più volte di mettere a repentaglio la mia vita per difendere o salvare gli innocenti o i più deboli da persone cattive o malintenzionate; oggi mi sembra di mettere a repentaglio la mia vita e quella dei miei cari (se tornando a casa li contagio) per difendere o salvare gli innocenti o i più deboli da persone sciocche e presuntuose….
  • La mamma di un sacerdote: ringrazio Dio che hanno sospeso le funzioni religiose e ringrazio il Papa che ha concesso quella speciale benedizione Urbi et Orbi. Se ognuno va in chiesa per proprio conto e rispetta  le distanze può anche pensare di non aver fatto male a nessuno. Ma se mio figlio ogni giorno per dare l’Eucaristia o la Benedizione o confessare vede quaranta persone, entro un mese sicuramente si ammalerà e… quante persone contagerà?!
  • Un cattolico praticante: mi dispiace, credevo di far bene e ho continuato a visitare gli ammalati che me lo richiedevano. Ora almeno tre di loro sono deceduti e credo che andando di casa in casa io…
  • Un medico: ho lasciato il mio appartamento e io mi sono spostata da mia sorella per offrirlo ad un collega che vive da solo con la madre ottantenne cardiopatica e che si disperava al pensiero di poterla contagiare.
  • Una badessa: ho chiesto a tutte le monache di prestare attenzione e dare buona testimonianza; abbiamo un giardino grande, ma dai palazzi vicini comunque ci vedono e comunque ci vede Dio: dunque niente passeggiate in coppia, niente merende all’aperto, mascherine per tutte, niente posti fissi in coro e in refettorio aggiungere i tavoli per assicurare le distanze.
  • Una caposala: ho passato l’intera giornata a convincere alcuni malati in trattamento oncologico presso l’ospedale che al momento è più prudente sospendere le cure piuttosto che uscire di casa per venire da noi. Si sono sentiti condannati e mi facevano notare che se i sani non uscissero di casa, potrebbero uscire loro per venire a curarsi, ma…
  • Una suora africana: il giorno di Pasqua nella nostra casa in Italia sì è comunque fatta festa; per noi africane è stato un giorno drammatico: da noi, se muore anche una sola persona, per una settimana nessuno nel villaggio si permetterebbe mai di fare festa, e invece voi, con centinaia di  morti… ma come è possibile?
  • Una monaca: la madre ci ha chiesto di lasciare “il coro” troppo stretto per noi venti e così per la prima volta dopo quarant’anni abbiamo pregato, al di là del cancello, nella cappella ampia e spaziosa…
  • Un operatore della Protezione civile: I soldi dello stato non bastano e possiamo capirlo, ma se ognuno di noi che guadagna più di mille euro, accettando comunque di fare qualche sacrificio, donasse per tre mesi una parte del proprio stipendio… non sarebbe un bel gesto di solidarietà?
  • Un sacerdote indiano: da noi quando muore qualcuno la famiglia del defunto non cucina e sono i vicini a portare qualcosa da mangiare; un mio confratello italiano ultranovantenne  mi ha raccontato che quando lui era piccolo anche a Roma era così. Ora, invece, nelle case si cucina regolarmente; anche nella nostra casa è stato così: dentro casa nostra non è cambiato nulla se non fosse per le mascherine e le distanze. Non potevamo fare qualche sacrificio noi e offrire una piccola somma per qualche famiglia bisognosa?
  • Un epidemiologo: passare alla fase due: se tutti si sentiranno liberi di uscire si tornerà alla fase uno e i politici dovranno ignorare i morti e lasciare liberi tutti di ammalarsi come credono. Perché però medici, infermieri, Oss, Osa, autisti delle ambulanze, personale che assicura l’igiene negli ospedali, devono continuare a rischiare di ammalarsi e morire? Chi esce di casa senza un reale-valido motivo dovrebbe scegliere, qualora si ammalasse, di lasciarsi morire in casa e non correre in ospedale magari togliendo il posto a che si è ammalato suo malgrado o addirittura è stato contagiato proprio da chi è uscito senza motivo.
  • Una catechista: A chi più è dato, più sarà richiesto: oggi a chi è data più salute viene richiesto di sacrificarsi di più per proteggere coloro che hanno meno salute.
  • Un frate: in casa mi guardano con fastidio perché ho deciso di coprirmi il naso e la bocca con una sciarpa: ma sono incaricato di fare la spesa e comprare le medicine: i miei confratelli non capiscono che se io metto la mascherina non lo faccio perché loro possono infettare me, ma, al contrario, perché io posso infettare loro.
  • Una monaca: la priora è anziana, ha più di 80 anni, e ha avuto mal di gola; ha subito avvertito il medico di base che le ha consigliato immediatamente di far mettere a tutte noi le mascherine, e alla priora ha comandato di chiudersi in stanza per almeno 14 giorni, controllare la temperatura tre volte al giorno e comunicargliela. Non avevamo mascherine in casa ma la priora ha detto che, intanto che qualcuno le procurava, tutte dovevamo coprirci con le “mascherine” che la monaca-sarta avrebbe immediatamente cominciato a confezionare. La sera dieci di noi avevano già una bella mascherina… Non era mai successo di non vedere la nostra priora per tanto tempo (se non quando va in America Latina). Per noi monache giovani trovarci a decidere tante cose da sole (per esempio, turni di lavoro in casa e di preghiera) è stata l’occasione di dimostrarle che sappiamo essere obbedienti a lei e a Dio anche quando non lei non ci vede; per le anziane (quasi tutte oltre gli 85 anni) lo stravolgimento delle loro secolari abitudini (per esempio, fare i pasti, la  ricreazione e la preghiera non tutte rigorosamente insieme e a posti fissi, ma a doppi turni e a distanza) ha significato dimostrare di credere veramente  che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato…
  • Vi trascrivo, infine,  quasi interamente (ho solo corretto qualche errore di ortografia) la mail di una suora africana che io ho seguito tanti anni fa e che ora è responsabile e formatrice in America Latina: “Carissima dottoressa, che il Signore sia con noi  sempre. … Io  sto bene  però con  questa  situazione  della “cov 19 de China” abbiamo più di 12400 casi. Siamo chiuse in casa come  in Italia. Preghiamo che il  cielo ci protegga. Il Signore apra gli occhi del cieco; Lui per  noi farà qualcosa come per questo cieco dalla nascita. Sì, serve un miracolo; stiamo aspettando questo miracolo contro la “Malattia de coronavirus”. E’ difficile capire che  in questa epoca un virus può fare così  tanto male uccidendo così tante vittime: morti, malati, e anche costringendo le persone a stare a casa, senza lavoro… E’ estenuante e difficile vivere, capire  anche dove il mondo sta andando. Crediamo  che  l’unica cosa che rimane su di noi  sia la speranza in Dio, nel Suo Figlio  e nello Spirito Santo che  dimorano (le tre Persone: la Trinità) in noi. Così ci  ama Dio; non ci può abbandonare  in questo momento difficile;  passerà. Non c’é mai stata la resurrezione  senza passione.  Possa la mamma Maria, come in  Cana, intercedere  per noi presso suo  Figlio Gesù: Italia, Congo, Côte d’Ivoire, Malawi, Brasile, Kenya, Burkina, Perù, tutti i  paesi  colpiti da  questa pandemia per non dimenticare  diciamo: America, Africa, Europa, Asia e Oceania. Ma Dio é Misericordioso; grazie per il Suo amore infinito. In unione di preghiera.  Sr. …

– Maggio 2020

  • Un farmacista:  quello che sta accadendo non è “male”, è semplicemente “amaro”! Io vendo tante medicine amare che fanno bene, però!
  • Un sacerdote: Questa, per noi cristiani, è un’ottima occasione per dimostrare che ci ritroviamo a essere responsabili gli uni degli altri GRAZIE a Cristo e non per colpa dei politici di turno, costretti, purtroppo, a ricordarcelo!
  • Una operatrice sociosanitaria: Ho toccato tanti corpi a distanza (tuta, mascherina, guanti, cuffia, occhiali), ma il Coronavirus non sa che si possono allontanare i corpi, ma non le teste e tanto meno i cuori!
  • Un anziano solo: ora che potrei uscire di più, ho capito che non è giusto! Sulla rivista dei Francescani di Frate Indovino ho letto che loro hanno spedito due numeri insieme per salvaguardare la vita dei postini e delle loro famiglie. (Immacolata: è vero! ho controllato: la lettera dice veramente così!). Ho capito che anch’io posso fare un piccolo sacrificio e non uscire due volte, ma una sola volta a settimana: così, qualcun altro, più debole di testa di me, incontrerà  meno gente e correrà meno pericolo …
  • Una commessa del supermercato: una signora, che da anni viene tutti i giorni per un po’ di spesa, ora viene una sola volta alla settimana;  mi ha detto che ogni volta che scongela “il pane del giorno” pensa che vale come sacrificio offerto per me…
  • Il parente di un paziente toscano: bellissima l’iniziativa dell’ospedale di Prato. Gli infermieri hanno pensato di mettere la foto della loro “faccia” sulle tute: questo significa che il paziente può “vedere” chi si sta prendendo cura di lui!

–  Un paziente: ho sopportato i dolori del Covid… ora prenderò meno antidolorifici!

E… per sorridere:

  • Un mio paziente: sa, dottoressa, a Roma preghiamo, ma non otteniamo le grazie, perché la Madonna che fa le grazie era quella del paese mio, ma la chiesa ormai è chiusa da anni…

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